Archeologia industriale-mineraria

Sembra un territorio della corsa dell'oro, negli Stati Uniti, con quei villaggi fantasma che nei film si mostravano di legno, decadenti. A Gonnesa, però, i tanti villaggi minerari disabitati sono diventati una ricchezza dal giorno dopo in cui l'attività estrattiva, carbone in maggior specie, è stata abbandonata. E tutt'intorno verdi colline e sullo sfondo il meraviglioso mare di Sardegna, che rendono questo pezzo d'isola un incanto. Villaggi che da abbandonati tornano piano piano a popolarsi non di attività industriali d'estrazione ma di informazione e turistica che rendono la visita estremamente interessante e varia.

D'altra parte non è usuale in Italia visitare una vera miniera di carbone, capire i meccanismi, ed il pericolo, che accompagnavano questo tipo di attività. A Gonnesa si sta sperimentando, al momento con successo, un connubio antico che potrebbe aprire nuove porte legate al turismo e ai tanti siti di archeologia industriale, da Porto Flavia al Centro italiano per la cultura del carbone legandosi all'European Route of Industrial Heritage (ERIH), ovvero la rete europea di itinerari che unisce 850 siti legati all'archeologia industriale in 32 nazioni.

Di particolare interesse l'interno della miniera di San Giovanni con la sua grotta di Santa Barbara, unica al mondo per le bellissime pareti interamente ricoperta da cristalli di barite bruno scuro. Sempre nei dintorni fa riferimento il villaggio operaio "Normann": «Qui abitavano i dipendenti della vicina miniera di San Giovanni, un'antica miniera già conosciuta addirittura in epoca romana, dove dal 1867 in poi si iniziò a scavare una vena argentifera. La miniera rimase in attività, tra alti e bassi, fino agli anni '80 del Novecento, quando venne definitivamente abbandonata. A Normann oggi abitano una settantina di persone. Case nuove e molto curate si mescolano ai ruderi che ricordano il passato minerario, un po' come a Montevecchio o all'Argentiera». E con qualche attenzione sono ancora oggi visitabili.