L'età moderna, lo spopolamento e la rinascita mineraria
dopo l'avvento degli Aragonesi nel 1324, Gonnesa entrò nel sistema feudale che non garantì protezione da epidemie e incursioni che ne determinarono lo spopolamento; fu rifondata il 25 maggio 1774 con l'atto di vassallaggio fra Don Gavino Asquer e dei capi famiglia sardi, e nell'Ottocento assunse caratteri industriali
Dopo un Medioevo relativamente turbolento e caratterizzato
da aspre lotte fra il Giudicato, Pisa e Arborea, l’avvento degli Aragonesi nel 1324 fu l’inizio di una
nuova era di stabilità politica ma anche di ristagno e immobilità sociale
dovuta alla decisione degli iberici di introdurre il sistema feudale. Posta sotto il controllo di Iglesias insieme alla
vicina Fluminimaggiore, Gonnesa soffrì le piaghe delle incursioni piratesche
dal Nordafrica e delle frequenti
epidemie, tanto che all’inizio del Quattrocento il paese risultava del
tutto abbandonato e parzialmente distrutto. Tale stato di cose perdurò fino
alla seconda metà del Settecento.
Nel 1774 la famiglia
Asquer succedette ai Gessa, che avevano gestito il feudo di Gonnesa fin dal
1421; costoro intesero immediatamente sovvertire la condizione di degrado e
miseria ormai secolare e provvidero a fondare un nuovo paese. L’atto di vassallaggio fra Don Gavino
Asquer e 15 capi famiglia sardi risale al 25
maggio 1774 e la copia originale in spagnolo è oggi conservata presso l’Archivio
di Stato a Cagliari. Il nuovo borgo, sviluppato secondo uno schema rettilineo,
ebbe una crescita modesta ma continua e al censimento del 1821 risultavano 567
abitanti.
Tra il 1836 e il 1838, il re Carlo Alberto abolì il sistema feudale: terreni e beni immobili furono così riscattati dalla popolazione, sebbene il divario fra le classi alte e quelle basse continuò a essere molto forte. Alla metà dell’Ottocento furono aperti i primi impianti minerari di Monte San Giovanni, Seddas Moddizzis e Monte Onixeddu, che fecero perdere a Gonnesa l’aspetto di paese agro-pastorale in favore di quello industriale.